Basta trattare i giovani come untori
di Lorenzo Gioli
A febbraio alcuni esponenti del Pd invitavano i cittadini a uscire lanciando slogan come "Milano non si ferma" e accusando di fascio-leghismo chiunque si appellasse alla prudenza. Con il passare dei giorni, si è passati da un estremo all'altro: dalla sottovalutazione iniziale a una vera e propria isteria collettiva alimentata dal governo e - spiace dirlo - anche dall'opinione pubblica piegata supinamente ai diktat del "pandemicamente corretto".
A inizio lockdown, i runner venivano additati come untori. Oggi assistiamo a un passaggio del testimone. Al centro delle polemiche non sono più gli sportivi, ma i giovani colpevoli - secondo il ministro Speranza - di essere "il veicolo principale del contagio in questo momento" (La Stampa, 7 agosto). Stabilimenti balneari, locali notturni e discoteche all'aperto non vengono più visti come luoghi di svago, ma come potenziali focolai. Una valutazione tutt'altro che scientificamente provata: "All'aperto è molto raro contagiarsi - spiega il professor Remuzzi in un'intervista a Libero del 9 agosto - pensi che a Whuan sono stati individuati 364 focolai e tutti, tranne uno, si erano sviluppati in ambienti chiusi".
Noi adolescenti abbiamo dimostrato grande maturità in quel mese e mezzo di clausura. Abbiamo rispettato le regole del distanziamento rinunciando ad ogni tipo di socialità. Ma soprattutto ci siamo cimentati per la prima volta con la didattica a distanza, uno strumento emergenziale a cui spero non dovremo più ricorrere. Indossare la mascherina nei luoghi chiusi e agire consciamente è sacrosanto. Pretendere che i giovani si divertano mantenendo un metro di distanza l'uno dall'altro e che le regole del cts siano applicabili in discoteca è semplicemente illogico.
Un recente caso di cronaca ha attirato la mia attenzione. Quello delle due diciottenni padovane che, dopo una vacanza in Croazia per festeggiare la promozione all'esame di maturità, sono tornate in Italia col Coronavirus. Una sintomatica, l'altra asintomatica. I giornali hanno parlato del caso come se fosse un episodio di pubblico interesse e non un fatto privato. Con l'obiettivo, neanche troppo celato, di colpevolizzare i giovani e la movida, di criminalizzare il divertimento, di ingigantire l'allarme.
Stando alla ricerca epidemiologica condotta dal Ministero della Salute e dall'Istat, 1,5 milioni di italiani - circa il 2,5% della popolazione nazionale - hanno contratto il Covid-19 in forma asintomatica. Si evince che i contagi siano molti di più rispetto a quelli resi noti e che quindi l'aumento registrato negli ultimi giorni debba essere preso con le pinze.
Gli spiriti critici che hanno partecipato al convegno di Vittorio Sgarbi al Senato sono stati chiamati "negazionisti". Stando alla realtà dei fatti e degli indicatori economici, che a differenza dei numeri della Protezione Civile offrono un quadro nitido della situazione, i veri negazionisti sono coloro che si ostinano a sottovalutare la crisi dei prossimi mesi di cui noi giovani bistrattati da Conte & Co saremo le prime vittime.