Da Craxi a Renzi
di Lorenzo Gioli
"Non sempre ciò che viene dopo è progresso", diceva Alessandro Manzoni. E la recente inchiesta sulla Fondazione Open ne è la prova esemplare. Sono passati 22 anni da quel lunedì 17 febbraio 1992, in cui Antonio Di Pietro arrestò l'ingegner Mario Chiesa, dando inizio alla stagione di Mani Pulite e allo sgretolarsi della Prima Repubblica. Come allora, anche oggi si parla di finanziamenti: l'avvocato Alberto Bianchi e il suo amico Marco Carrai sono indagati, pare, per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti in un'inchiesta della procura di Firenze. Per chi non lo sapesse, Bianchi creò la fondazione Open per finanziare l'attività politica di Matteo Renzi, attualmente al centro delle polemiche. Il leader di Italia Viva ha attaccato duramente i pm, arrivando addirittura a dire che la tenuta del nostro stato di diritto è a rischio.
Più volte ho criticato Matteo Renzi e le sue scelte politiche. A cominciare dall'alleanza con il M5S, frutto di una manovra di Palazzo concepita appositamente per eliminare Salvini senza passare dalle elezioni. Al netto di questa premessa, sono d'accordo con lui quando dice che la conseguenza pratica dell'inchiesta fiorentina è la messa in discussione del diritto di aziende e cittadini comuni a finanziare chi vogliono, Renzi compreso. Se, infatti, anche un finanziamento del tutto regolare e alla luce del sole viene passato al setaccio e reso oggetto di indagine, se chi lo fa rischia di venire a sua volta indagato e perquisito, beh, è chiaro che d'ora in avanti la politica non potrà attendersi sovvenzioni e aiuti da nessuno.
Evidentemente la storia non insegna nulla. Leggo sui giornali che il Comune di Sesto San Giovanni (Milano) ha deciso di intitolare una via a Bettino Craxi. Anche Craxi, come Berlusconi, fu oggetto non solo delle inchieste della magistratura, ma anche e soprattutto di una martellante campagna mediatica condotta da alcuni organi di stampa. Un trattamento non dissimile da quello che buona parte della sinistra ha riservato al Cavaliere fino a quattro anni fa (misogino!, fascista!, mafioso!, delinquente!).
Oggi assistiamo a una rivalutazione storica sia di Craxi che di Berlusconi. Il primo viene descritto da molti commentatori come un grande statista, il secondo come "usato sicuro", come ultimo baluardo contro i populismi all'interno del centro-destra. Non credo che Renzi sia "un grande statista". Nemmeno che si tratti della nostra ultima speranza contro qualcosa o contro qualcuno. Ma da qui a dargli del ladro la strada è ancora molto, molto lunga. Immagino già cosa diranno i detrattori del Rottamatore fra trent'anni: avercelo un Renzi oggi! Un po' come i codardi che tiravano le monetine al "Cinghialone" e che ora lo descrivono come un patriota. Un po' come gli odiatori storici del Cav, che ora - di fronte al successo di Salvini - invocano il ritorno di Forza Italia.