Draghi premier: cambia la forma ma non la sostanza
di Vincenzo Briguglio

Dopo l'accorato appello del Capo dello Stato al Paese e ai partiti, con cui s'invocava la nascita di un esecutivo di "alto profilo", tutti noi abbiamo pensato ad una delle più valide riserve della nostra Repubblica: Mario Draghi. Direttore esecutivo della Banca Mondiale, direttore Generale del Tesoro, governatore della Banca d'Italia e poi Presidente della BCE, allievo di illustri economisti, quali Federico Caffè e il premio Nobel Franco Modigliani, sembrava un messianico salvatore della Patria e le aspettative del Paese erano elevate. Quando fu presentata la lista dei Ministri, alcuni di noi rimasero delusi. Tuttavia, nutrivamo ancora fiducia in chi aveva dimostrato tanto coraggio nel definire, come banchiere centrale, politiche monetarie innovative che hanno contribuito a salvare il progetto europeo. Poi, però, la realtà dei fatti ci ha imposto di aprire gli occhi: il governo Draghi non ha dimostrato il coraggio che ci aspettavamo.
Forse sarebbe ingiusto dire che questo governo sia peggiore del precedente, ma sarebbe altrettanto disonesto tesserne le lodi: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non sembra adatto a trasformare il Paese; l'insufficienza degli incentivi agli investimenti in ricerca e sviluppo è palese; la totale mancanza di una linea politica dimostra la quiescenza dei partiti, ormai incapaci di proporre una visione del futuro.
Pensavamo che l'indiscussa autorevolezza di Mario Draghi potesse rianimare i partiti e la politica. Invece questa esperienza si è rivelata la pietra tombale del nostro sistema democratico. Mai come ora, avremmo bisogno di una visione coraggiosa per cambiare il Paese, per rilanciare la competitività del nostro sistema produttivo, per favorire una poderosa ripresa economica, per garantire ai giovani un Paese migliore, un Paese nuovo, sostenibile, digitale, costruito su un solido e luminoso passato, capace di affrontare le sfide del presente, proiettato nel futuro. Mai come ora, avremmo bisogno di policy makers dotati di quella conoscenza, di quel coraggio a cui faceva riferimento l'attuale Premier in una lectio magistralis alla Cattolica di Milano venti giorni prima di lasciare la BCE. Ci troviamo invece guidati da un governo privo di visione, a causa della sua varia composizione politica, un governo tristemente 'post-ideologico', incapace di produrre le riforme necessarie all'interno di una chiara cornice di princìpi e di idee. Ci troviamo nelle mani di un leader che ha autorevolezza da spendere, ma che sembra aver esaurito il coraggio necessario al policy maker nella sua attività.
No, Mario Draghi non ha perso la fiducia che inizialmente gli avevamo accordato. Anzi: ha la possibilità di farci ancora innamorare di lui, ma deve mostrare coraggio nel prendere decisioni, nel proporre nuovi provvedimenti, nel ridisegnare questo Paese, nell'affrontare la crisi della nostra classe politica, nel presentarsi al Parlamento e nel confrontarsi con l'opposizione: quella "formale" e quella "interna" che talvolta nasce da più parti quando un provvedimento non soddisfa tutti gli attori della maggioranza.
Il governo deve mostrare un rinnovato interesse per la cultura e dev'essere capace non solo di riaprire la Scuola, ma di investire nell'educazione delle giovani generazioni, di riformare, ridisegnare e rivoluzionare il sistema dell'istruzione e della ricerca, rendendo l'Italia un paese realmente competitivo. Il governo deve anche incentivare lo sviluppo delle nostre imprese, supportandone la competitività globale, anche in tema di transizione ecologica e digitale.
Mario Draghi, insomma, può ancora dare molto all'Italia. Confidiamo che egli avverta l'urgenza del momento, la grandezza della missione, l'importanza della sua riuscita. Forse, le spalle di un solo uomo non sono abbastanza larghe per resistere al peso di un compito tanto gravoso, ma auspichiamo che il Presidente sappia chiamare in suo aiuto le persone adatte, dare voce alle migliori energie, attingendo dal mondo della cultura, dell'Università e della ricerca, dell'impresa e del lavoro, e anche, perché no, fra i giovani. Se il Presidente chiamerà sinceramente all'appello la Nazione, gl'Italiani - primi fra tutti proprio i giovani - risponderanno con vigore per perseguire un vero, radicale cambiamento.