Il futuro nebuloso della scuola

28.07.2020

di Lorenzo Gioli

Mancano esattamente 49 giorni all'inizio della scuola e il ministro dell'Istruzione Azzolina non sembra aver elaborato alcun tipo di strategia su come ripartire. L'unica cosa di cui siamo certi è che dal 14 settembre si ricomincia. Non sappiamo però con che modalità. Alcuni ipotizzano una didattica alternata: metà classe in aula con l'altra metà collegata da casa. Altri prevedono una didattica completamente in presenza: tutti in classe senza mascherina anche se separati e seduti ognuno al proprio posto. Sono ovviamente ipotesi di cui il governo non ha ancora dato conferma. Fra i problemi della ripartenza scolastica non è da sottovalutare la scarsa capienza di alcuni istituti. Facciamo un esempio. Nonostante sia la scuola superiore più affollata della Capitale con 1950 alunni e ben ottantatré classi, il liceo Amaldi di Roma andrà incontro a grandi difficoltà. Spiega la preside Maria Rosaria Auterio in un'intervista a Repubblica del 28 luglio: "Ad oggi esiste la forte possibilità che, il 14 settembre, metà dei nostri ragazzi parta facendo lezione da casa". E così potrei andare avanti con molti altri dirigenti scolastici abbandonati a loro stessi che, malgrado non ricevano istruzioni dall'alto, si adoperano per trovare una quadra.

È proprio qui che emerge il peccato originale del governo giallo-rosso: quello di affidarsi supinamente ad altri abdicando al proprio ruolo politico. Lo abbiamo visto agli albori della pandemia quando il Presidente Conte affidò le chiavi di Palazzo Chigi a un comitato tecnico-scientifico che da semplice organo di supporto divenne via via sempre più potente fino a dettare l'agenda nella fase più acuta della crisi sanitaria. Lo stesso schema si è ripetuto agli inizi di giugno quando, a villa Pamphili, il premier convocò gli Stati Generali, una discutibile passerella in cui vennero riuniti sindacati e dirigenti confindustriali nell'illusorio tentativo di trovare una risposta unitaria alla crisi economica. Peccato che l'impressione ricevuta sia stata quella di un governo smanioso di dividere la pesca in tante fette, come se il bilancio finale non riguardasse soltanto il potere esecutivo. Analoga la vicenda dei presidi come Maria Rosaria Auterio, costretti ad occuparsi di problemi che spetterebbero al ministero dell'Istruzione e non all'impegno e alla buona volontà del corpo docente.

Per carità, è doveroso che il governo consulti gli specialisti di ogni singolo settore. Specialmente in periodo di emergenza. Da qui ad affidargli pieni poteri ne passa di strada. Perché i tecnici sapranno sempre descrivere una sola faccia della medaglia. Per scongiurare una nuova ondata di Coronavirus, i virologi consigliano il distanziamento sociale nelle scuole senza rendersi conto che l'apprendimento di nuove conoscenze va di pari passo con il contatto umano fra studenti, con la socialità espressa nella vicinanza anche fisica fra le persone. Cosa sarebbe la scuola senza strette di mano e pacche sulle spalle? Alla luce degli attuali dati epidemiologici, che testimoniano la morte clinica del Covid-19, non c'è ragione di imporre così tante restrizioni. Da studente, auspico che il ministro Azzolina ne tenga conto.