Il J'accuse di Giggino
di Lorenzo Gioli
Le dimissioni di Di Maio da capo politico del M5S non ci hanno certo sorpresi. Anzi, ormai era diventato un po' un conto alla rovescia. Da settimane, tutti i giornali annunciavano la sua ritirata: retroscena, indiscrezioni, fino ad arrivare ai titoli in prima pagina. Sono solo chiacchiere giornalistiche, balle montate ad hoc per screditare Luigi, dicevano gli esponenti pentastellati. Eppure, le dimissioni sono arrivate. Di Maio ha gettato la spugna e lo ha fatto con un discorso da cui possiamo trarre numerosi spunti di riflessione. Cosa che non accade spesso quando a parlare è un grillino. Il massimo che potevamo aspettarci da un Di Maio o da un Di Battista qualunque poteva essere l'ennesimo vaffa alla Casta, madre di tutti i mali, condito da qualche congiuntivo sbagliato. Invece no, stavolta Giggino - deriso dai media per anni - ne ha detta una giusta. Certo, il messaggio è stato trasmesso con la massima pacatezza, infiocchettato da qualche raro richiamo alle battaglie storiche del Movimento, ma al di là delle apparenze il suo contenuto è giunto a destinazione: il Grillismo, così come era stato concepito al momento della sua nascita, ha fallito. La novità è che a dirlo non sono stati i giornalisti complici dell'establishment, ma lo stesso Di Maio.
Nei 16 mesi trascorsi al governo prima come ministro del Lavoro poi come ministro degli Esteri, l'ex leader pentastellato ha imparato a convivere con l'incertezza, sperimentando sulla propria pelle che per amministrare la cosa pubblica bisogna scendere a compromessi, che per modernizzare un Paese bisogna fare le infrastrutture e che i no fine a se stessi non portano da nessuna parte. Se ne fosse accorto prima, forse l'Italia si sarebbe risparmiata alcuni disastri come il Reddito di Cittadinanza, una misura assistenziale che non sta sortendo alcun effetto positivo, o l'abolizione della prescrizione, un mostro giuridico con cui mai avremmo voluto aver a che fare. Comunque meglio tardi che mai.
Ma non temete, cari lettori, non siamo diventati grillini. Anche perché pare che di questo j'accuse, di questo improvviso sprazzo di lucidità nessuno abbia fatto tesoro. A dimostrarlo è la recente intervista di Vito Crimi al Corriere della Sera, nella quale il nuovo leader grillino ha rivendicato l'azione dei 5 Stelle ai danni di Radio Radicale, una voce libera che dovrebbe essere difesa anziché attaccata. Crimi ha poi speso qualche parola sulla sua scalata ai vertici del Movimento: "È una sfida, sento una grossa responsabilità. Ho avuto tantissimi attestati di stima, attivisti e colleghi si sentono rassicurati. Mi dicono che sono la persona giusta per condurre il Movimento in questo momento di crescita, alla luce della mia lunga esperienza". Ecco, se per Crimi i 5 Stelle stanno attraversando una fase di crescita, allora continuino così. Forza, che non c'è tempo da perdere!