La Natura va governata
Appena due anni fa, quando l'emergenza Covid era ancora di là da venire, l'allora sconosciuta Greta Thunberg si sedette di fronte al Riksdag, il Parlamento Svedese, esibendo un cartello con su scritto: "Skolstrejk för klimatet" (Sciopero scolastico per il clima). Quelle parole inaugurarono i Fridays for Future, la lunga scia di proteste volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul grande tema del riscaldamento globale. Da quel momento i media iniziarono ad invocare uno "sviluppo sostenibile", a chiedere alle grandi multinazionali di ridurre le emissioni di anidride carbonica e la produzione della plastica, sposando così la causa ambientalista. Le poche voci controcorrente, su tutte quella del professor Franco Prodi, fratello del nostro ex premier nonché importante fisico e meteorologo, vennero tacciate di negazionismo. Lo stesso epiteto con cui oggi vengono apostrofati gli spiriti critici e i virologi disallineati che invitano all'ottimismo anziché fomentare il panico.
A due anni di distanza, abbiamo riscoperto l'importanza della plastica: camici, mascherine, visiere, guanti monouso e altri dispositivi di protezione sono stati indispensabili nella fase più acuta dell'emergenza sanitaria. La leggenda nera legata alla plastica è stata smentita dalla realtà. In un mondo globalizzato, dove chiunque con un volo low-cost è in grado di viaggiare da un capo all'altro del pianeta nel giro di poche ore, è normale che le epidemie si diffondano con maggior facilità. Perciò dobbiamo sempre avere a disposizione strumenti che ci consentano di convivere con questi fenomeni.
Nonostante i fatti abbiano la testa dura, i "gretini" non sono cambiati: l'ideologia verde, come tutte le dottrine e i catechismi, non tiene conto della realtà e si limita a demonizzare il proprio nemico, in questo caso il capitalismo, un modello produttivo non privo di difetti a cui però dobbiamo decenni di pace e prosperità.
I manifestanti italiani, riunitisi venerdì scorso a Piazza del Popolo (Roma), assecondano proprio questa tendenza: "Il Recovery Fund sia usato per decarbonizzare l'Italia. Non c'è più tempo". Obiettivo nobile se non fosse per le conseguenze che ciò comporterebbe sul piano internazionale. Ha ragione Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, che in un colloquio con Panorama spiega come "l'Europa si troverà schiacciata tra la Cina che non rinuncia al fossile e l'America, con il rischio poi che gli altri paesi ci sorpassino". E ancora: "Servirebbe un accordo mondiale su un contenimento della crescita, ma chi si affaccia ora a una vita migliore difficilmente accetterà una simile prospettiva, e una decrescita unilaterale ci condannerebbe alla povertà". Anche Ursula Von der Leyen, volto noto del Ppe e leader della Commissione Europea, pare schiacciata sulle posizioni di Greta Thunberg. Infatti, nell'ambito del Green New Deal, un terzo delle risorse del Recovery Fund sarà destinato alle politiche ambientali.
Il riscaldamento globale va affrontato con intelligenza, varando misure che tengano conto dell'una e dell'altra faccia della medaglia. Molto probabilmente, i gretini non la pensano allo stesso modo: per gran parte di loro, l'Italia non avrebbe dovuto costruire il nuovo ponte di Genova in tempi record né tantomeno attivare il Mose senza il quale da qui a pochi anni - è bene ricordarlo - Venezia sprofonderebbe negli abissi. La Natura deve essere governata e, nei limiti del possibile, adattata alle esigenze umane. Così abbiamo sempre fatto. E forse è per questo che non ci siamo ancora estinti.