Milano d'Autunno
Lo ammetto, in questa stagione la voglia di uscire viene notevolmente scoraggiata dalla pioggia, maledettamente gelida, dalle giornate corte, con il buio che sorprende già alle cinque e mezza... A Dicembre già un'ora prima.
Ma l'autunno, come ogni altro periodo, rivela sorprese, piccole a volte, ma estremamente soddisfacenti.
Lo ammetto, la voglia di uscire nella uggia, fredda, gelida e grigia, non l'avevo. Ma a volte, per rimanere a casa bisogna proprio fare uno sforzo, almeno nel mio caso, perché il peso sullo stomaco che in alcune giornate si ha è davvero troppo per sopportarlo. E sapete cosa? Il peso scompare ogni volta che l'occhio vede qualcosa di più leggero del sasso nella pancia, che scompare senza cicatrici.
C'è una poesia di García Lorca che è stata messa in musica da un grande artista della seconda metà del secolo scorso: Leonard Choen. La poesia si chiama Pequeño Valz Vienes e narra di amore, di passione per luoghi misteriosi, che trasmettono mistero, forza e malinconia. La canzone si chiama Take This Waltz, ma non è l'interpretazione che mi piace di più.
Silvia Perez Cruz assieme alla chitarra elettrica di Raul Fernandez riesce a rendere secondo me molto fedelmente la passione dei versi, mentre Choen apporta il suo contributo, diverso per certi versi e meno forte rispetto a Perez Cruz. Ma sono opinioni.
25/11/2019, Lunedì
Il giro verso i Navigli e il parco delle Basiliche, in qualunque stagione si trovi vale sempre la pena. La zona ha subito una radicale riqualificazione, basti pensare a com'era la Darsena prima, il porto commerciale della città, dove arrivavano le ghiaie del lago Maggiore; poi l'abbandono e il degrado, fino alla riqualificazione per Expo 2015.
I Navigli da soli meriterebbero (e infatti hanno) libri di spiegazioni. La loro ingegneria, semplice ma efficiente, è stata pensata nientemeno che da Leonardo Da Vinci.
Ad un cero punto mi giro verso il naviglio grande, sta quasi per tramontare (alle quattro e un quarto!) e noto un particolare strano: una gondola. A Milano. Con dei turisti paganti sopra che non hanno capito che Venezia è diversi chilometri a Est. La immortalo e proseguo nel mio giro, verso la periferia. Ho preso ad andare più lento, un po' perché non ho voglia, un po' perché ho una reflex non mia e molto preziosa nello zaino davanti e non mi posso assolutamente permettere una caduta, un po' perché così posso guardarmi meglio in giro in cerca di particolari da immortalare.
Arrivo finalmente alla chiesa che cercavo. Si cerco sempre chiese perché sono una delle più belle forme d'arte della mia città.
Novembre mi mette tristezza, sarà anche per le mie vicissitudini di questo periodo. Mentre torno passo davanti al carcere Beccaria. Nel mio piccolo valzer di figure sfocate che ballano solitarie, lungo vie deserte in cui l'azzurro del cielo combatte strenuamente una battaglia silenziosa con la tenebra del selciato, l'una per baciare con la luce questi piccoli miracoli danzanti, l'altra per ghermirli e soffocarli, penso. Penso al nostro modo di vivere, alla società in cui ogni giorno siamo immersi, che ci permette di vivere sereni, sorretti dall'aiuto dei nostri simili, ma anche ci confina, ci limita e ci rende meno liberi. Umberto Galimberti, un filosofo italiano, afferma che la libertà non esista, dato che viviamo in una serie di limiti, regole, ma soprattutto viviamo in noi stessi. Ovvero gli uomini, limitati per definizione. Sei arrivato, Nicola. Il portone di casa mia mi sorprende. Guardo l'orologio: sono uscito solo un'ora fa.
Quante cose che si possono fare in un'ora.
En
Viena hay diez muchachas,
un
hombro donde solloza la muerte
y
un bosque de palomas disecadas.
Hay
un fragmento de la mañana
en
el museo de la escarcha.
Hay
un salón con mil ventanas.
¡Ay,
ay, ay, ay!
Toma
este vals con la boca cerrada.
Este
vals, este vals, este vals,
de
sí, de muerte y de coñac
que
moja su cola en el mar.
Te
quiero, te quiero, te quiero,
con
la butaca y el libro muerto,
por
el melancólico pasillo,
en
el oscuro desván del lirio,
en
nuestra cama de la luna
y
en la danza que sueña la tortuga.
¡Ay,
ay, ay, ay!
Toma
este vals de quebrada cintura.
En
Viena hay cuatro espejos
donde
juegan tu boca y los ecos.
Hay
una muerte para piano
que
pinta de azul a los muchachos.
Hay
mendigos por los tejados.
Hay
frescas guirnaldas de llanto.
¡Ay,
ay, ay, ay!
Toma
este vals que se muere en mis brazos.
Porque
te quiero, te quiero, amor mío,
en
el desván donde juegan los niños,
soñando
viejas luces de Hungría
por
los rumores de la tarde tibia,
viendo
ovejas y lirios de nieve
por
el silencio oscuro de tu frente.
¡Ay,
ay, ay, ay!
Toma
este vals del "Te quiero siempre".
En
Viena bailaré contigo
con
un disfraz que tenga
cabeza
de río.
¡Mira
qué orilla tengo de jacintos!
Dejaré
mi boca entre tus piernas,
mi
alma en fotografías y azucenas,
y
en las ondas oscuras de tu andar
quiero,
amor mío, amor mío, dejar,
violín
y sepulcro, las cintas del vals.
Federico García Lorca
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