Ma quale "bonus psicologo", noi ragazzi dobbiamo tornare a vivere!

15.04.2021

di Anna Moruzzi

Da ormai un mese l'On. Bellucci ha avanzato una proposta singolare alla Camera dei Deputati. Adesso, per quanto le intenzioni possano essere tra le più nobili, il gesto sfocia nel ridicolo: parliamo di un voucher per i minori di diciotto anni indirizzato all'assistenza psicologica.

Di notizie sul virus ne abbiamo lette tante, valide e non, ma non mi sono mai imbattuta in nulla che accennasse ai disturbi della mente come possibili sintomi. Difatti il Covid-19 non è (ancora) in grado di instillare il morbo della depressione, ma le scelte sbagliate, loro questo potere ce l'hanno e ne abbiamo avuto la prova. La vera minaccia psicologica è un governo che si spezza la schiena per proteggere gli over 60, ma, quando viene il momento di tendere la mano a noi, noi che fino a qualche tempo fa eravamo "la più grande risorsa dell'Italia", allora volge lo sguardo altrove. Allora eccoci con la toppa perfetta, il cerotto! Un buono per l'osteopata dopo averci spezzato le gambe, la situazione assume caratteri surreali.

A un ragazzino non occorre uno psicologo, gli basterebbe un'inezia di normalità: lo priviamo di qualsiasi forma di socialità, lo rinchiudiamo fra quattro mura con mamma, papà e sorellina, e qui lo abbandoniamo, aggrappato a un cellulare che lo riporta a una vaga, distorta abitudine. E poi? Poi sgraniamo gli occhi, sbigottiti, alla vista di quest'essere, ormai tanto lontano dall'adolescente di un anno fa.

Lo vedo nei miei compagni di scuola, quando mi rifilano l'ennesimo "oggi sono a pezzi" affiancato da un più classico "non ce la faccio più", li sentite? Otto milioni di fantasmi. Otto milioni di studenti che ogni giorno si convincono sempre di più che il loro stato d'animo attuale li definisca, che alla sofferenza psicologica ci si debba poi abituare "in tempi come questi". Otto milioni di ragazzi perdono un nome.

Nessuno mette in dubbio il carattere cruciale delle restrizioni per il contenimento dell'epidemia, ma d'altronde cosa dobbiamo pensare quando per salvaguardare i nonni dell'Italia lasciamo indietro i loro nipoti? Il momento è più delicato che mai: i liceali vivono nel limbo della Didattica a distanza al 50%: quanto basta per reimparare parlarsi, a guardarsi, tuttavia non a sufficienza per definirla scuola, vita; gli altri gradi di educazione si sono riappropriati del loro 100% in presenza, con l'invidia dei colleghi più grandi. In molti rimangono scettici e si preparano a un doloroso ritorno alla vita in pigiama e ciabatte.

Non lo nascondo, sono terrorizzata. Un terrore circa non tanto la nostra condizione attuale, ma alle ferite che continueranno a tormentarci nel corso dei prossimi anni, anni che dovrebbero essere tutti da vivere. Tremo al pensiero di quei danni psicologici che potrebbero accompagnarci per tutta la vita, il riverbero della pandemia: stigma sulla pelle dei più giovani.

Tutto questo non troverà risoluzione in un paio d'ore dal terapeuta, e per quanto io confidi nella risolutezza di noi ragazzi, non so per quanto ancora saremo tutti disposti a stringere i denti, senza cedere a quella versione di noi che tanto ci spaventa: quella apatica, insofferente.