Il declino di Salvini
di Lorenzo Gioli

Nelle ultime settimane, Matteo Salvini ha commesso un errore dietro l'altro. Il lento declino della Lega ha avuto inizio con il diabolico discorso di Conte al Senato, in cui il Presidente del Consiglio ha ripreso il Capitano, accusandolo di non agire secondo le regole dettate dal galateo istituzionale e, anzi, solo per interesse personale. Si tratta di una progressiva, lenta discesa della Lega verso il fallimento. Salvini è passato da azionista di maggioranza del governo giallo-verde a pugile suonato che non ha ancora contemplato la propria sconfitta. Stando a un sondaggio di Nando Pagnoncelli, pubblicato sul Corriere della Sera di sabato, i 5 Stelle - dati per morti fino a pochissimi giorni fa - sono in lenta crescita. E il Pd, dopo aver trascorso circa un anno e mezzo di immobilismo, in balia dei capricci dei suoi capigruppo, si avvia se non altro ad un periodo di stabilità. Paradossalmente pare che il vero sconfitto di questa ultima fase sia il ministro dell'Interno che ha ricevuto una lezione importante dai suoi avversari, una lezione molto simile a quella che apprese Renzi con la sconfitta al referendum del 4 dicembre: non bisogna mai fidarsi troppo di se stessi.
Il leader della Lega invocava "i pieni poteri", credeva di essersi impadronito del Paese, eppure Pd e 5 Stelle con un gioco di palazzo - perché di questo si tratta - sono riusciti ad abbatterlo, almeno temporaneamente. Da questo punto di vista, Matteo Salvini ha subito un trattamento analogo a quello di cui fu vittima l'altro Matteo, allora leader del Pd: tutti, ma proprio tutti, si sono uniti contro di lui. Il Capitano leghista ha peccato anche di ingenuità, sbagliando i tempi con cui scatenare la crisi di governo: perché non rompere con Di Maio a maggio, forte dell'enorme consenso ottenuto alle elezioni Europee, invece di proseguire la tragicomica avventura giallo-verde fino a Ferragosto? Una domanda cui non riusciamo a trovare risposta. Alcuni credono che ci sia dietro un complotto, che il leader della Lega temesse un imminente attacco giudiziario da parte della stessa magistratura che si è accanita su Berlusconi negli anni dei suoi governi.
A parere di chi scrive, Salvini è stato semplicemente troppo sicuro di sé. Ma il suo errore maggiore è stato un altro: aver sottovalutato Renzi. Infatti, il Bomba (così lo chiamavano da piccolo) è tornato. E lo ha fatto in una maniera che non ci saremmo mai aspettati: avanzando l'idea di un accordo con il M5S. Da un punto di vista prettamente strategico, l'ex leader del Pd ha fatto un capolavoro: rientrare in campo, giocando sullo stesso terreno dei compagni di partito che lo avevano costantemente attaccato fino alle sue dimissioni da segretario. Una minoranza tignosa di neo-comunisti si è sempre battuta per stringere un'alleanza prima con Grillo (ricordate il famoso streaming del 2013 con Bersani?) e poi con Di Maio. Ora Renzi è riuscito a disarmare i suoi avversari sostenendo le loro stesse tesi, anche in materia di immigrazione: non occorre certo ricordare la bizzarra lettera a la Repubblica, in cui l'ex premier rifiutava la necessità di amministrare i flussi migratori.
Se - come molti commentatori sostengono - Giuseppe Conte è il nuovo Andreotti della politica italiana, il Bomba inizia ad assomigliare in modo inquietante a una reincarnazione di Massimo D'Alema. Salvini, invece, rischia di tramutarsi nel "Renzi prima maniera": il Renzi arrogante, spocchioso e antipatico che gli italiani hanno deciso di punire più e più volte. Confido in una presa di coscienza da parte del leader della Lega e in un suo imminente ritorno nell'alveare del centro-destra. Così la prossima volta, quando torneremo alle urne, non esisteranno più alibi: non ci sarà manovra finanziaria che possa giustificare un esecutivo "tenuto insieme con la sputazza" (copyright di Giampiero Mughini). L'unica cosa che conterà sarà l'esercizio del proprio diritto di voto, del quale stavolta i giallo-rossi ci hanno privati.