Quei venti secondi di gloria
L'atleta keniano Eliud Kipchoge ha infranto (ufficiosamente) il muro delle due ore nella maratona in un'impresa storica a Vienna. Storia di un mito.
La maratona, come è risaputo, nasce secondo la tradizione nel 490 a.C., con il soldato Filippide che percorre la distanza da Maratona ad Atene (42,195 Km) per annunciare la vittoria degli ateniesi.
Come gara olimpica la competizione nasce nel 1896, alla prima olimpiade moderna.
I record iniziano ad essere macinati ad una velocità impressionante. Si parte dalle due ore e cinquantotto minuti di Spyridion Louis, comprensive di pausa per un bicchiere di vino in un'osteria lungo il tragitto, nel 1896, passando per le due ore, trentadue minuto e quarantacinque secondi del 1912, fino al record mondiale di due ore, un minuto e trentanove secondi dello stesso Kipchoge.
Come si è passati da quasi tre ore ad un tempo (non ufficiosamente registrato) sotto le due ore?
Diverse scienze si sono unite a tal proposito: alimentazione, scienze motorie, chimica, fisica.
Generazioni di atleti hanno dedicato la vita alla ricerca della combinazione vincente per battere il mitico "muro delle due ore", muro che rappresenta tutt'ora la coronazione degli sforzi di cent'anni.
Muro che, ufficialmente, non è ancora stato battuto.
Cosa vuol dire ufficialmente? Significa che, stando ai regolamenti del Comitato Olimpico, una maratona, per essere considerata ufficiale, necessita di rispettare alcuni precisi standard.
Nei due tentativi di Kipchoge di battere il muro, il primo a Monza e poi successivamente in Austria questo mese, non è stata rispettata uno di questi standard: gli atleti che corrono una maratona devono completarla, dall'inizio alla fine.
I tecnici del nostro atleta, al fine di migliorare di alcuni, necessari secondi il tempo di gara, hanno optato per l'inserimento delle cosiddette "lepri", atleti che corrono davanti al vero corridore dando il ritmo di gara e fungendo da "scudo" per l'aria. Queste lepri devono cambiare ogni due o tre giri, per rimanere fresche. Ed è logico che non è possibile avere un corridore fresco dopo due ore di corsa.
Resta il fatto che Kipchoge ha dimostrato possibile l'impossibile, ha infranto uno dei più riconosciuti dogmi delle sport, e ha coronato gli sforzi di una vita.
L'impresa di Kipchoge rimarrà nella storia della maratona, almeno finché qualcuno alle olimpiadi non batterà finalmente questo muro sfondato, ormai, a metà.